Si è celebrata la seconda giornata del torneo di rugby europeo più importante. Come ogni anno, si celebrano le crescite delle altre nazionali, mentre per la nostra si celebra sempre più l'amarezza del lavoro non completo. Sapere cosa ancora manca ai nostri atleti non è dato di sapere, ognuno ha le proprio idee in merito, fermo restando le sconfitte di volta in volta sempre più cocenti collezionate. Siamo migliorati in difesa, ma non siamo capaci a produrre gioco offensivo, in mischia non siamo più leader anzi, abbiamo trovato il calciatore ma poi non calciamo...questa almeno la mia analisi, impietosa se vogliamo, che va a a ferire le parole profuse dal capitano e dall'entourage azzurro. Non è certo mia intenzione ferire alcuno, ma i risultati del tabellone parlano da sole a dispetto di un tour mondiale e dai test macht di novembre, dove sembrava aver celebrato la definitiva crescita azzurra. Così non mi sembra essere: le vittorie su RSA e Canada hanno illuso la platea regalandoci sì delle gioie immense ma che ormai abbiamo dimenticato dopo i 60 punti rifilateci dall'Irlanda sabato pomeriggio.
Si parla di torneo a due velocità, sembra quasi sentire parlare la Merkel, ma mi domando la frustrazione che si infligerebbe sia agli atleti che hanno pernmesso l'ingresso 17 anni fa nel prestigioso torneo che a quelli che vi partecipano oggi dopo un mucchio di sacrifici. Certo una volta nel rugby si ventilava il professionismo, oggi sono tutti professionisti pagati il giusto e con i giusti onori. Non voglio dire che i soldi hanno affievolito la voglia di emergere e migliorare, ma vedo che al cambiare degli atleti, e dei tecnici molti volti rimangono invariati, così come le scelte effettuate dalla federazione dove nessuno paga per i mancati risultati.
Questi dovrebbero essere frutto del lavoro svolto negli anni precedenti e qui mi sembra che non esista un anno zero. Si sono cacciati allenatori giunti alla ribalta per delle performance all'estero e qui in
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